Covid-19 e pubbliche bugie: il caso cinese

Durante i primi 3 anni di pandemia la Cina è riuscita a limitare il numero dei decessi provocati dalla Covid-19 grazie all’adozione della cosiddetta politica “zero Covid“, una combinazione di rigidissime misure di controllo e di isolamento che hanno prodotto pesanti ricadute dal punto di vista economico e sociale. Improvvisamente, nel dicembre 2022, la Cina allentò tutte le restrizioni provocando una immediata risalita della circolazione virale. Come conseguenza ci fu un significativo aumento del numero dei decessi attribuiti alla Covid-19 che – ufficialmente – le Autorità cinesi hanno quantificato in 60 mila casi. In realtà, uno studio indipendente pubblicato recentemente dimostra che nei 2 mesi successivi all’abolizione delle restrizioni, in Cina sono avvenuti 1,87 milioni di decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti. La mortalità in eccesso è stata pari ad oltre 30 volte il dato ufficiale dei decessi Covid.

Nessuno si fa illusioni sull’attendibilità delle Autorità cinesi quando si tratta di comunicare informazioni che possano risultare “sgradite” al potere politico. D’altra parte, in varie parti del Mondo, la pandemia di Covid-19 è stata accompagnata da varie forme di manipolazione dei dati sanitari. Anche nel nostro democraticissimo Paese non sono mancati gli esempi di vere e proprie forme di occultamento dei dati relativi ai contagi.

Tuttavia, in Italia come in Cina, “le bugie hanno le gambe corte” e prima o poi qualcuno analizza i dati statistici mettendo in luce le bugie che sono state somministrate ai cittadini.

Sul caso cinese è stato recentemente pubblicato un articolo nel quale si analizzano i dati ufficiali sulla mortalità registrata nei 2 mesi successivi alla repentina abolizione della politica di “zero Covid” (dicembre 2022).

L’analisi si basa sul confronto statistico tra i decessi avvenuti (indipendentemente dalla causa che è stata loro attribuita) e la media dei decessi registrati nello stesso periodo di tempo durante un certo numero di anni precedenti. In questo modo si tiene conto dell’andamento stagionale della mortalità che non è costante durante tutti i mesi dell’anno.

Utilizzando questo metodo, è stato stimato che l’eccesso di mortalità registrato durante i primi 2 mesi successivi all’abolizione della politica di “zero Covid” è stato pari a 1,87 milioni di casi, valore da confrontare con il dato ufficiale di 60 mila decessi attribuiti alla Covid-19 comunicato dalle Autorità cinesi.

L’eccesso di mortalità è stato registrato in tutta la Cina continentale, con l’unica eccezione del Tibet (territorio annesso dalla Cina dopo l’invasione avvenuta nel 1950).

Il limite di questa analisi è che non consente di risalire con certezza alle cause reali delle morti accertate. C’è l’evidenza di un eccesso di decessi rispetto alla media degli anni precedenti ed è estremamente probabile che tale eccesso sia largamente dovuto ai contagi da Covid-19. Ma ci potrebbero essere anche decessi indirettamente collegati alla pandemia, come quelli dovuti ad altre patologie che non sono state ben curate a causa dell’intasamento degli ospedali oberati dalla cura dei pazienti Covid. Senza contare che alcune persone, timorose di essere contagiate, potrebbero aver volutamente ritardato il ricorso alle cure mediche aggravando in modo irreversibile le loro condizioni di salute.

L’unica cosa certa è che le Autorità cinesi hanno spudoratamente mentito a proposito del numero di decessi avvenuti durante la parte finale della pandemia.

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