Il mercato del gas naturale in Italia nel corso del 2022 ed il futuro “Piano Mattei”

I dati – ancora provvisori – sul mercato italiano del gas naturale mostrano che nel corso del 2022 c’è stato un calo significativo dei consumi. I minori flussi di gas russo sono stati compensati dall’aumento delle importazioni provenienti da altri Paesi, mentre la produzione nazionale è rimasta pressoché uguale rispetto a quella dell’anno precedente. Nel frattempo, il Governo italiano si appiattisce sulle posizioni di ENI e lancia il “Piano Mattei”.

20222021Variazione %
Produzione nazionale3,43,33,0%
Importazione67,972,7-6,6%
Algeria23,721,211,8%
Libia2,43,2-25,0%
Russia11,229,1-61,5%
Norvegia e Paesi Bassi7,42,2236,4%
Azerbaijan10,27,241,7%
GNL13,09,832,7%
Esportazione2,41,560,0%
Consumo69,976,1-8,1%
Andamento dei flussi di gas naturale in Italia nel corso del 2022, confrontati con quelli del 2021. I dati delle prime 2 colonne sono espressi in miliardi di metri cubi (elaborato su dati SNAM rete gas e Ministero dell’Ambiente). Le differenze tra i flussi netti di gas indicati in tabella ed i consumi sono legate alle variazioni delle scorte ed alle perdite. I dati sono ancora provvisori e potrebbero subire modifiche nel corso delle prossime settimane

Nel corso del 2022 c’è stato un calo significativo dei consumi di gas naturale in Italia, diminuiti di circa l’8% rispetto all’anno precedente. Tenuto conto del fatto che i consumi di metano utilizzato per alimentare le centrali termoelettriche sono stati di poco superiori rispetto a quelli del 2021, se ne deduce che il calo registrato a livello complessivo è frutto sia dei piani di risparmio adottati dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina, sia del clima particolarmente mite che ha caratterizzato i mesi autunnali del 2022.

Tutti ricordiamo la crisi registrata durante la scorsa estate quando i Paesi europei si facevano una spietata concorrenza per riempire le loro riserve strategiche. Sembra paradossale che dopo aver speso cifre folli per importare gas, l’Italia sia riuscita – nel corso del 2022 – ad aumentare del 60% le sue esportazioni. In realtà si tratta di un fenomeno transitorio che avevamo già discusso in un post di qualche mese fa: nel mese di ottobre 2022, con le riserve ormai quasi piene e con temperature decisamente superiori alla media, l’Italia non riusciva a consumare tutto il gas che stava importando. Il gas in eccesso è stato esportato verso il Nord Europa.

Notiamo che nel corso del 2022 la produzione italiana di gas naturale è rimasta sostanzialmente uguale rispetto a quella dell’anno precedente. Questo fatto non è sorprendente: la stragrande maggioranza dei pozzi italiani attivi è ormai in fase di esaurimento e per attivare nuovi pozzi serve tempo (oltre ad ingenti investimenti). Tra l’altro, va ricordato che le riserve potenzialmente più ricche si trovano nel canale di Sicilia, in acque relativamente profonde ed il loro sfruttamento non è affatto semplice. Vedremo cosa succederà nel corso del 2023, ma non possiamo aspettarci miracoli.

Per quanto riguarda le importazioni, si osserva un vero e proprio crollo del gas proveniente dalla Russia (-61% circa) ed un ulteriore calo è previsto per l’anno in corso. L’Algeria è diventata il primo fornitore di gas naturale per l’Italia, ma anche per l’Algeria non mancano le preoccupazioni di carattere geopolitico, considerata l’instabilità politica del Paese.

La Libia ha fornito una quota piuttosto ridotta dei consumi italiani, anche se potenzialmente le sue forniture potrebbero facilmente superare i 10 miliardi di m3. Purtroppo le condizioni del Paese non sono tali da garantire la necessaria stabilità delle forniture.

La crisi energetica è stata affrontata anche grazie all’impennata delle forniture provenienti dal Nord Europa (Norvegia e Paesi Bassi), forniture che l’Italia ha pagato a carissimo prezzo, alla faccia della tanto strombazzata “solidarietà europea“.

Le forniture dell’Azerbaijan (via TAP) sono cresciute considerevolmente (41% circa) e già si pensa di raddoppiare l’infrastruttura. Fortunatamente il gasdotto TAP è entrato in funzione appena in tempo (non oso immaginare cosa sarebbe successo se i no-TAP fossero riusciti a bloccare o anche solo a ritardare lo sviluppo del gasdotto che oggi è essenziale per garantire un minimo di flessibilità nella scelta dei fornitori stranieri).

A proposito di flessibilità, notiamo il forte aumento del GNL (gas naturale liquido) arrivato grazie agli impianti di rigassificazione già esistenti (La Spezia, Rovigo e Livorno). I nuovi impianti di Piombino e Ravenna potranno consentire di raddoppiare le importazioni di GNL.

Per quanto riguarda il 2023, le previsioni parlano di una possibile ulteriore riduzione delle importazioni dalla Russia, compensata dalle importazioni di GNL che passeranno attraverso il rigassificatore di Piombino (che – salvo intoppi di natura giuridico-amministrativa – dovrebbe entrare in funzione entro la primavera 2023). Se riusciremo ad arrivare alla prossima primavera con le riserve ancora abbastanza piene (almeno il 40%), la situazione del 2023 potrebbe richiedere attenzione, ma non dovrebbe diventare eccessivamente critica.

Pur in presenza di un prezzo del gas metano decisamente più alto rispetto a quello che c’era prima della fine della fase critica della pandemia e della guerra in Ucraina, ci sono buone probabilità che riusciremo ad evitare i picchi speculativi osservati durante l’estate 2022.

Nel medio-lungo periodo, l’Italia dovrà prendere importanti decisioni strategiche sul suo futuro energetico. Continuare a puntare sul gas come risorsa energetica dominante, pensando addirittura di trasformare l’Italia in una sorta di “hub energetico” del Sud Europa (iniziativa che viene pomposamente chiamata “Piano Mattei”) è un’idea di cui sentiamo spesso parlare da politici tanto entusiasti, quanto impreparati quando parlano di temi energetici.

La mia impressione è che molti politici nostrani si limitino a ripetere a “pappagallino” le lezioncine apprese dai vertici di ENI che – lo ricordo – è una grande impresa che ha il suo business incentrato intorno ai combustibili fossili (aldilà dei veri e propri casi di greenwashing a cui assistiamo quotidianamente quando sentiamo ENI parlare di ambiente e clima).

Comprensibilmente i vertici di ENI (successori di quei manager che a suo tempo ci infilarono nel cappio delle forniture energetiche russe) premono per mantenere i combustibili fossili al centro delle forniture energetiche nazionali, ma non è detto che gli interessi di ENI e quelli dell’Italia siano sempre perfettamente coincidenti.

In particolare, per quanto riguarda l’idea di trasformare l’Italia nell’hub metanifero del Sud Europa, mi pare che si stiano sottovalutando problemi di varia natura. Ci sono innanzitutto gravi aspetti di natura geopolitica: come ci insegna il caso della Libia, l’Italia non ha la forza né politica, né tanto meno militare per difendere i suoi interessi energetici nel bacino del Mediterraneo. Illudersi di riuscire a farlo senza chiedere l’aiuto dei nostri alleati (e concorrenti sul mercato energetico) mi sembra un grave errore di sottovalutazione.

Dal punto di vista strutturale, come insegna il caso di Nord Stream, affidarsi solo ai gasdotti non è una buona idea perché può esporre gli acquirenti del gas a devastanti attacchi di natura terroristica. L’alternativa sarebbe quella di puntare sui rigassificatori, ma non si capisce perché le navi metaniere (ed in futuro quelle che potrebbero trasportare idrogeno) dovrebbero preferire l’Italia alla Spagna o alla Germania che sono molto più avanti dell’Italia nell’organizzazione della loro rete di rigassificatori (mentre – come ci insegna il caso di Piombino – l’Italia rischia di perdere tempo prezioso a causa dei suoi problemi di localismo esasperato).

Forse l’Italia dovrebbe investire maggiormente nelle energie rinnovabili (solare, eolico ed impianti di accumulo dell’energia necessari per livellare i picchi di assorbimento della rete), riducendo progressivamente l’uso dei combustibili fossili (che – in parte – continueranno comunque a servire come materia prima per le nostre industrie chimiche). A mio avviso, sarebbe indispensabile anche riconsiderare l’utilizzo del nucleare di nuova generazione per dare maggiore stabilità a reti elettriche che facciano un uso predominante di fonti di energia rinnovabile.

Tutti presi dall’emergenza energetica, guardiamo quotidianamente al prezzo del gas naturale, dimenticando che il problema vero non è quello di superare questo o il prossimo inverno, ma che bisognerà essere capaci di rimodellare il futuro energetico del nostro Paese, diminuendo la dipendenza dalle importazioni dall’estero e affrontando con decisione le sfide poste dal riscaldamento globale.

Ci riusciremo? Io qualche dubbio ce l’ho!

Risposte a “Il mercato del gas naturale in Italia nel corso del 2022 ed il futuro “Piano Mattei””

  1. Avatar Da il Post
    Da il Post

    Gli investimenti italiani in Algeria rientrano in un più ampio piano del governo di Giorgia Meloni per aumentare la sua influenza politica ed economica nei paesi nordafricani, con l’obiettivo di far diventare l’Italia in futuro il principale centro per il trasporto di gas dall’Africa all’Europa.

    È un piano a cui la presidente del Consiglio aveva fatto riferimento nel suo primo discorso alla Camera in occasione del voto di fiducia al suo governo. Lo aveva chiamato “piano Mattei per l’Africa”, in riferimento al presidente dell’Eni Enrico Mattei, morto in circostanze mai del tutto chiarite il 27 ottobre del 1962. Mattei fu infatti l’ideatore di una politica energetica rivoluzionaria per l’epoca, che aveva l’obiettivo di scardinare il ruolo egemone delle grandi aziende energetiche americane e britanniche in Africa, lasciando per la prima volta ai paesi africani ampi margini di profitto.

    Nel suo discorso alla Camera, Meloni aveva accennato a questo “piano Mattei” spiegando che gli investimenti nel Nordafrica dovrebbero servire non solo in termini di politica energetica, ma anche per il contrasto all’immigrazione illegale.

    Secondo Meloni, il piano dovrebbe migliorare le condizioni economiche dei paesi nordafricani e di conseguenza anche quelle della loro popolazione, con l’obiettivo di scoraggiare le persone a emigrare verso l’Italia.

    1. Avatar Davide Bassi

      Temo che dietro al “Piano Mattei” ci sia un’idea di tipo sostanzialmente mercantilistico, ma manchi la percezione (o forse c’è, ma non si vuole dire) che l’estensione su larga scala degli accordi commerciali nel Mediterraneo dovrà essere accompagnata da una forte crescita della nostra capacità di intervento politico e soprattutto militare.

      Non basta girare per il Mediterraneo (come faceva Cingolani prima di Meloni) accompagnata dal CEO di ENI, firmando “accordi” che rischiano di diventare carta straccia nel giro di poche settimane. Gli interventi di emergenza hanno senso in questo specifico momento, ma se vuole attuare un piano di lungo periodo è necessario disporre di tutti gli strumenti necessari per la sua attuazione.

      Francia, Turchia, Russia e Stati Uniti non staranno certamente a guardare (il caso Libia ce lo dimostra). Basta ricordare la fine che fece Mattei per capire i limiti di ciò che l’Italia potrà realisticamente realizzare.

      Temo che l’idea che c’è dietro al “Piano Mattei” sia la soluzione che ottimizza gli utili di ENI, ma non sia la soluzione migliore per il nostro Paese.

      1. Avatar Dal Fatto Quotidiano
        Dal Fatto Quotidiano

        Russia e Algeria ribadiscono la volontà di lavorare insieme sui mercati energetici. Una settimana fa Meloni aveva annunciato il “piano Mattei”

        I rapporti tra Italia e Algeria sono solidi ma il paese è storicamente legato alla Russia ora e all’Unione Sovietica in passato. Tra i due paesi non si sono mai arrestate le collaborazioni in campo militare, dell’intelligence e delle infrastrutture

        di Mauro Del Corno | 31 GENNAIO 2023

        Telefonata tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune per ribadire la collaborazione tra i due stati, in particolare in campo energetico. Secondo quanto riferisce il Cremlino i due capi di stato hanno riaffermato “la loro volontà a continuare a lavorare insieme sui mercati energetici globali“.

        Una settimana fa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si era recata ad Algeri per stringere nuovi accordi sulla fornitura di gas dal paese nordafricano e presentare il “piano Mattei”, dal nome del fondatore dell’Eni che per primo sviluppò le relazione energetiche Italia – Algeria. Nelle intenzioni del governo il piano si porrebbe l’obiettivo di fare dell’Italia l’”hub europeo” del gas grazie ad un rafforzamento dei flussi da Sud. Paesi del nord Europa, come la Germania, si stanno però dotando di infrastrutture proprie, a cominciare dai rigassificatori, per ridurre la dipendenza dal gas russo.

        L’Italia è già collegata con l’Algeria attraverso il gasdotto Transmed che ha una capacità di oltre 30 miliardi di metri cubi l’anno. Negli ultimi mesi le forniture algerine sono state alzate il più possibile per compensare la riduzione di quelle provenienti di Mosca.

        I rapporti tra Italia e Algeria sono solidi ma il paese è storicamente legato alla Russia ieri e all’Unione Sovietica in passato. Tra i due paesi non si sono mai arrestate le collaborazioni in campo militare, dell’intelligence e delle infrastrutture. L’Algeria non ha votato a favore di nessuna delle risoluzioni del Consiglio si sicurezza dell’Onu per condannare l’invasione dell’Ucraina.

        Algeri possiede le decime riserve di gas più grandi del mondo, stimate in 4500 miliardi di metri cubi. È il nono produttore al mondo con 101 miliardi di metri cubi l’anno, un quarto dei quali viene esportato in Italia.

  2. Avatar Da il Post
    Da il Post

    SABATO 11 FEBBRAIO 2023
    E i due nuovi rigassificatori?

    A Piombino le proteste non hanno fermato i lavori
    e la nave da Singapore arriverà a metà marzo,
    mentre a Ravenna il cantiere aprirà a breve

    Nei cantieri Keller di Singapore sono quasi finiti i lavori di allestimento della Golar Tundra, la nave rigassificatrice che tra poche settimane attraccherà nel porto di Piombino, in Toscana. La nave rigassificatrice serve a riportare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto, in sigla GNL, importato via nave senza passare dalla rete dei gasdotti.

    Oltre a Piombino, il governo ha incaricato SNAM, la società che gestisce la distribuzione del gas in Italia, di costruirne un altro a Ravenna. Grazie a questi due nuovi rigassificatori, l’Italia potrà comprare più gas naturale liquefatto e in questo modo limitare l’acquisto di gas russo dai gasdotti esistenti.

    La reazione delle istituzioni e degli abitanti delle due città è stata molto diversa: a Ravenna l’opposizione all’installazione del rigassificatore è stata marginale, mentre a Piombino da quasi un anno l’amministrazione comunale e diversi comitati locali stanno cercando di opporsi in tutti i modi ai piani del governo. Sono state organizzate manifestazioni molto partecipate e sono stati presentati ricorsi al tribunale amministrativo, finora respinti.

    https://www.ilpost.it/2023/02/11/rigassificatori-piombino-ravenna

    https://video.repubblica.it/economia-e-finanza/da-singapore-a-piombino-tutto-pronto-per-l-ultimo-viaggio-della-nave-rigassificatore/436623/437589

  3. Avatar Da il Post
    Da il Post

    MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2023

    È entrato in vigore il tetto europeo al prezzo del gas,
    ma ora non serve più

    Se n’era discusso per mesi per contenere il prezzo dell’energia:
    ora però le quotazioni del gas sono scese moltissimo,
    ai livelli del 2021

    Molti attribuiscono al price cap il merito di aver abbassato le quotazioni: la sola presenza di uno strumento da attivare in caso di eccessivi rialzi dei prezzi avrebbe frenato le aspettative degli operatori, che vendevano e compravano consci che le quotazioni non sarebbero mai potute andare sopra la soglia definita dal tetto al prezzo del gas.

    Due studi di fine gennaio commissionati dalla Commissione europea per monitorare gli effetti del price cap – uno dell’ACER (l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia) e uno dell’ESMA (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) – escludono però che questo abbia avuto davvero un ruolo nel tenere basso il prezzo del gas.

    https://twitter.com/emmevilla/status/1620100762847318019/photo/1?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1620100762847318019%7Ctwgr%5E93569af90ec72e0df05e647ad2c5bdc08b7c7390%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.ilpost.it%2F2023%2F02%2F15%2Ftetto-prezzo-gas%2F

    https://www.ilpost.it/2023/02/15/tetto-prezzo-gas/

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