Visioni: il futuro dei trasporti ad alta velocità sarà una via di mezzo tra il treno e l’aereo

Il futuro dei sistemi di trasporto sarà caratterizzato da grandi novità tecnologiche e da un convergenza tra diversi tipi di tecnologie: avremo treni che assomiglieranno ad aerei senza ali e auto che si muoveranno in autostrada come i vagoni di un treno “virtuale”. Con una grande attenzione al risparmio energetico, pur senza sacrificare la velocità.

Sappiamo che i trasporti aerei costituiscono una delle sorgenti più significative di gas serra. Sulle brevi distanze i treni ad alta velocità costituiscono una alternativa competitiva e più rispettosa dell’ambiente. Tuttavia la velocità massima raggiunta da un treno ad alta velocità è di poco superiore ai 300 km/h e quando le distanze superano i 1.000 km gli aerei tornano ad essere la scelta preferita dalla maggioranza dei passeggeri.

Attualmente sono in corso numerosi studi dedicati alla riduzione dell’impronta ambientale del trasporto aereo. In particolare, si è ipotizzato di fare un maggior uso di biocarburanti, ma non sempre questa scelta è realmente soddisfacente.

Un vero e proprio esempio di greenwashing è quello legato ai biocarburanti ricavati dall’olio di palma. Dopo le ben note polemiche legate ai processi di deforestazione che hanno devastato l’Indonesia ed altri Paesi dove sono localizzate le piantagioni di olio di palma, c’è stato il sollevamento delle opinioni pubbliche di molti Paesi che, a gran voce, hanno chiesto di impedire alle industrie alimentari di utilizzare olio di palma.

Oggi molti di noi sono soddisfatti quando al supermercato comprano un pacco di biscotti sulla cui confezione appare in bella evidenza la scritta “senza olio di palma“, ma ignorano che l’olio di palma che non finisce più nei biscotti se lo ritrovano – sotto forma di biocarburante – nei serbatoi delle loro auto (o degli autobus del trasporto pubblico o degli aerei che volano “bio) .

Come ho già scritto in altri post, pensare di produrre enormi quantità di biocarburanti non è una cosa neutrale dal punto di vista ambientale, senza contare i problemi legati alla scarsità di cibo che una eccessiva produzione di biocarburanti potrebbe provocare per una parte non trascurabile della popolazione mondiale.

In questi anni si è discusso anche di costruire aerei dotati di motori elettrici, alimentati tramite batterie e con idrogeno (utilizzato in combinazione con celle a combustibile). Al momento esistono solo alcuni prototipi assolutamente preliminari, ma ci sono ancora moltissimi problemi tecnologici da affrontare e non sembra che una soluzione reale sia vicina.

Una soluzione – sia pure parziale – del problema si potrebbe trovare limitando l’uso degli aerei solo ai viaggi che prevedono il sorvolo di ampi tratti di mare, sostituendo la maggior parte degli altri voli a media-lunga distanza con treni ad ultra-alta velocità. In linea di principio è possibile pensare di portare la velocità di un treno fino a valori confrontabili con quelle di aereo passeggeri (dell’ordine di 1.000 km/h) purché il treno sia fatto viaggiare riducendo al minimo le diverse forme di attrito.

Esistono varie tecniche che sono attualmente oggetto di sperimentazione. Un approccio che è stato già ampiamente studiato sfrutta il fenomeno fisico della superconduttività (assenza di resistenza elettrica in particolari materiali portati a temperature prossime rispetto allo zero assoluto) per far levitare il treno in modo da eliminare l’attrito con le rotaie. Si tratta della cosiddetta tecnologia MAGLEV, sviluppata originariamente in Germania negli anni ’70 ed utilizzata per alcuni prototipi anche in Cina e in Giappone. Treni basati su questa tecnologia hanno dimostrato di raggiungere velocità pari a circa 600 km/h, ma sono caratterizzati da alti costi di esercizio oltre che da notevoli investimenti necessari per la realizzazione delle infrastrutture.

Molte proposte sono state fatte anche per le cosiddette tecnologie “hyperloop“, dove è previsto che i treni, oltre a disporre di sistemi di levitazione magnetica, scorrano all’interno di tubazioni poste sotto-vuoto in modo da ridurre al minimo anche l’attrito con l’aria.

Recentemente Transpod, una start-up canadese, ha annunciato i primi risultati per un suo studio di fattibilità per un treno del tipo hyperloop che introduce un certo numero di innovazioni particolarmente interessanti. La proposta di Transpod non utilizza le costose tecnologie superconduttive e fa uso di un efficiente sistema wireless per fornire ai treni (costituiti da un’unica carrozza lunga 25 metri, capace di ospitare 50 passeggeri) l’energia elettrica necessaria per il loro funzionamento.

Secondo le stime di Transpod (tutte da verificare) il costo del biglietto di uno dei loro treni che copra una distanza pari a 300 km sarebbe pari a circa la metà rispetto al costo del biglietto di un equivalente volo aereo. Senza contare che l’energia consumata sarebbe solo di tipo elettrico e quindi – se provenisse da sorgenti rinnovabili – renderebbe il sistema di trasporto climaticamente neutro.

Rendering di una linea ad alta velocità Transpod. Si nota la tubazione posta sotto-vuoto all’interno della quale si muovono i treni.

Secondo stime preliminari, i treni del sistema Transpod potrebbero raggiungere una velocità massima di circa 1.000 km/h (su distanze di almeno 500 km, tenuto conto dei tempi necessari per i processi di accelerazione iniziale e di decelerazione finale).

Un prototipo su scala ridotta di tale sistema è attualmente in fase di costruzione e dovrebbe essere pronto entro la fine del 2027. Subito dopo è prevista la costruzione di una prima linea nello stato canadese dell’Alberta.

Non mancano comunque i limiti, primo fra tutti quello che le tubazioni destinate ad ospitare il sistema Transpod dovrebbero essere idealmente poste in posizione orizzontale e lungo una linea retta (o con un raggio di curvatura molto elevato per evitare eccessive sollecitazioni centrifughe sui passeggeri). La cosa è relativamente facile per una linea ferroviaria installata in una ampia pianura che non sia densamente abitata. In territori con una orografia complicata (come gran parte dell’Italia), la maggior parte della linea dovrebbe essere scavata in galleria o posta su viadotti, aumentando considerevolmente i costi di investimento (un po’ come succede per alcuni tratti autostradali italiani).

Non mancano i problemi da risolvere, ma i tempi dei sistemi di trasporto ad ultra-alta-velocità sembrano ormai maturi. Si prospetta un futuro che vedrà una convergenza tra le tecnologie aeronautiche e quelle ferroviarie, arrivando a veri e propri “aerei senza ali” in grado di trasportare persone e merci su distanze medio-grandi, garantendo un ridotto impatto in termini climatici.

In generale, dovremo abituarci a molti cambiamenti nel settore dei trasporti. Mentre sulle medie-lunghe distanze i treni ad alta ed ultra-alta velocità potranno diventare la prima scelta per la gran parte dei viaggiatori, sui percorsi medio-brevi le auto elettriche potranno essere ancora la scelta preferita. Ma saranno auto a guida autonoma che, una volta raggiunta l’autostrada, verranno automaticamente “incolonnate” per procedere a velocità pressoché costante assieme agli altri veicoli che condividono la medesima destinazione. Ciascuna auto elettrica a guida autonoma diventerà una sorta di vagone che si aggancerà ad un “treno senza rotaie fisiche“, privo di motrice e dotato solo di “rotaie virtuali“. In tal modo si eviteranno ingorghi e rallentamenti, ottimizzando i consumi e riducendo al minimo gli incidenti stradali. Le discussioni a cui siamo abituati tra i sostenitori delle ferrovie e quelli delle autostrade diventeranno un retaggio del passato.

Sarà un mondo “carbon neutral“, ma forse un po’ noioso.

Risposte a “Visioni: il futuro dei trasporti ad alta velocità sarà una via di mezzo tra il treno e l’aereo”

  1. Avatar Stefano
    Stefano

    Loretta Napoleoni

    Economista

    ECONOMIA & LOBBY- 31 LUGLIO 2022

    Il vero problema dell’economia è la crisi climatica, che ha il potere di distruggerla

    Gli indicatori economici sono addirittura peggiori in Eurolandia, dove l’inflazione ormai è a ridosso del 10 per cento e la crescita stagna. Anche il Giappone è preso nella morsa della stagflazione. Non c’è da stare allegri, dunque. Tuttavia, il vero problema non è l’economia, il vero problema è il clima. I cambiamenti climatici alterano gli equilibri economici, si pensi a quanto sta succedendo nel bacino del Po e alle conseguenze disastrose per l’agricoltura del delta del fiume. L’irreversibilità di questi fenomeni causerà la contrazione della produzione agricola che si ripercuoterà su tutta la filiera a essa collegata. La desertificazione di alcune aree mediterranee e statunitensi, si pensi ai fuochi che bruciano intorno al parco di Yosemite e alla siccità di parte dell’Ovest americano, sono molto più seri della stagflazione. La seconda si combatte con la politica monetaria e fiscale, i cambiamenti climatici sono irreversibili.

    I cambiamenti climatici hanno il potere di distruggere le economie e di rendere gli indicatori economici obsoleti. Tra qualche anno non si parlerà più di recessione, inflazione o stagflazione perché la struttura su cui poggiano le grandi economie si fluidificherà a causa dei cambiamenti climatici.

    Sarà impossibile prevedere i raccolti, fissare i prezzi delle materie prime sul mercato futuro per mitigare il rischio diverrà costosissimo; siccità e alluvioni saranno i nemici da combattere e l’emergenza sarà la normalità. Alla velocità in cui il clima sta cambiando queste trasformazioni arriveranno entro l’arco di un decennio. Anche gli equilibri geopolitici salteranno, i cambiamenti climatici saranno più marcati in alcune aree che in altre, ad esempio il bacino mediterraneo soffrirà a causa della desertificazione ma anche le zone vicino al circolo polare artico subiranno innalzamenti delle temperature proporzionalmente più alti di quelle vicino all’equatore. Le migrazioni climatiche frantumeranno i confini dello stato nazione forzando cambiamenti multietnici che molti resisteranno

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/07/31/il-vero-problema-delleconomia-e-la-crisi-climatica-che-ha-il-potere-di-distruggerla/6747363/

    1. Avatar Davide Bassi

      Non c’è dubbio che questi sono i rischi che si corrono e che di fronte a sconvolgimenti di questo tipo i soliti alti e bassi dei cicli economici diventerebbero poca cosa. Ai problemi climatici aggiungerei quelli demografici che stanno profondamente mutando gli equilibri tra le popolazioni dell’Europa e dell’Africa e che nessuno si può illudere di risolvere erigendo dei semplici muri.
      Tuttavia – almeno per quanto riguarda gli aspetti climatici – non sono convinto che tutto sia ormai irrimediabilmente compromesso e che si debba per forza realizzare lo scenario più fosco.
      I problemi legati alle emissioni di gas serra non sono “irreversibili” in senso stretto perché ci sono comunque dei fenomeni fisico-chimici che limitano temporalmente la loro presenza nell’atmosfera. Parliamo, per alcuni gas, di circa 100 anni che è un tempo “infinito” dal punto di vista economico sociale, ma non così lungo rispetto ai tempi caratteristici di alcuni cicli naturali.
      A mio avviso, il principale problema è quello del rinvio, anno dopo anno, delle azioni che dovremmo intraprendere per realizzare, in modo sistematico ed efficace, una vera mitigazione del fenomeno del riscaldamento globale.
      Ai fini climatici non basterà raggiungere gli obiettivi della neutralità climatica nel 2050. Quella che conta è la quantità di gas serra presenti nell’atmosfera e se ci illudessimo di ridurre drasticamente le emissioni solo dal 2050 in poi avremo comunque accumulato nell’atmosfera una quantità di gas serra troppo elevata.

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